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Mikkeller Beer Festival @ Brasserie 4:20 |
24 birre in bottiglia di Mikkeller. Dalle classiche IPA "Single Hop", alle Sour Ale, dai prodotti invecchiati in botte (Imperial Stout e Barley Wine), fino agli esperimenti più recenti, le fermentazioni spontanee: Lambic Geuze, Kriek, Framboise e Cassis. Un Festival a tutto tondo per scoprire il mondo di uno dei Gipsy Brewer più radicali, osannati e discussi al mondo. Mikkeller è un nome che divide, o lo si ama, o lo si odia. Non ci sono mezze misure. Molte delle sue produzioni potranno sembrare al purista troppo spinte, estreme, eccessive, dissacranti, paradossali. Non ortodosse, per usare un eufemismo. In certi casi delle vere e proprie provocazioni. Altri potranno apprezzarne la carica innovativa, che, nel bene e nel male, sta tracciando la linea del futuro della birra (o almeno di un certo tipo di birra). A parere di chi scrive, il vulcanico danese ha prodotto veri e propri capolavori (tutta la serie di Beer Geek, la George! Bourbon Edition, la Texas Ranger Barrel Aged, la Nelson Sauvignon, Drinkin' in the Sun e American Dream, alcune delle Single Hop) alternati a produzioni alquanto deludenti. Fatte le dovute premesse, andiamo a vedere com'è andata...
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Black, Sur Munk e Beer Geek Brunch Bourbon |
Il Festival si è svolto come di consueto sulla terrazza della Brasserie. L'allestimento era assai suggestivo: una sfilza di bottiglie allineate l'una vicina all'altra, con tanto di cartellino identificativo e depliant esplicativo. Festival come questi sono una manna dal cielo per qualsiasi Beer Geek, in quanto danno la possibilità di provare e degustare birre complesse e particolarissime (e in certi casi molto rare) dal prezzo non propriamente accessibile. E se qualcuno storce il naso di fronte alle Single Hop servite in bottiglia (alcune delle quali non proprio freschissime e versate in maniera non sempre ortodossa), il vero appassionato non può non emozionarsi di fronte a una simile lista. Black e Black Hole in tutte le salse possibili e immaginabili, le lambic alla frutta, It's Alive! invecchiata in botti di vino bianco, e ancora Sur Monk, la rarissima e ormai introvabile Weinbrand invecchiata in botti di vino austriaco, la Monks Elixir Red Wine Edition, la versione Barrel Aged della Beer Geek Brunch, e per finire il mostro finale, la Big Worst invecchiata in botti di Bourbon, una vera e propria bomba nucleare da 19 gradi e mezzo!
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Spontancassis & Spontanframboos |
La mia degustazione parte da due fermentazioni spontanee: la
Spontancassis e la
Spontanframboos. Meglio la prima della seconda, ma a dire il vero nessuna delle due mi ha entusiasmato. La
cassis è parsa più complessa, più secca, più originale (una
cassis è una
geuze con aggiunta di ribes), seppur con delle note acetiche fastidiose e una certa rozzezza ben lontana dalla finezza di certi lambic alla frutta tradizionali (3Fonteinen su tutti). La
framboise è invece assolutamente sgraziata, con una botta di frutta che copre praticamente tutto: un dentifricio ai lamponi, o giù di lì. Quindi ho assaggiato la
Weinbrand Barrel Aged Red Ale, un
barley wine invecchiato in botti di vino rosso austriaco senza infamia e senza lode. Caramellato, con finale appena luppolato, un po' sgraziato nel complesso. Decisamente meglio la
Fra Til From To, una
porter natalizia aromatizzata (evidenti le note di anice stellato) molto ben fatta e perfettamente bilanciata ed equilibrata. La
It's Alive! Hvidvinsfadlagret (termine incomprensibile che sta per "invecchiata in botti di vino bianco") è stata la vera sorpresa della serata. Una birra fatta con i guanti, cosa rara nella produzione di Mikkel, con un bellissimo naso con note di vino bianco, un corpo molto leggero, delicate note acidule, leggera tannicità e un bilanciamento perfetto. Si torna a menare duro con la
Black Hole Red Wine e la
Black Hole Bourbon, due versioni della rude
imperial stout invecchiate in botte. Buone, seppur difficili da bere, a causa di un corpo un po' troppo eccessivo. Le note della botte non si sentono molto, anche se al palato qualche differenza si riesce a coglierla. Proseguiamo quindi con quella che a mio modesto avviso è la birra migliore del Festival, al pari della già decantata It's Alive! Hvidvinsfadlagret: la
Monks Elixir Red Wine Edition.
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L'allestimento del Festival |
Al naso intenso aroma di malto, ciliegie, con note di liquirizia, vinosa, leggermente acida. In bocca ha il corpo e la struttura di una quadrupel, arricchita da note acidule, vinose e un bellissimo finale, complesso ed elegante, con leggera tannicità. Per finire in bellezza, concludiamo la degustazione con un assaggio della mortale
Big Worst Bourbon Edition,
barley wine da 19 gradi e mezzo, di rara rozzezza, dal corpo talmente eccessivo da risultare quasi gommosa. Scesi al piano di sotto, Dino ci avvisa che ha appena montato le birre di
Rogue. C'è spazio per un assaggio della
John John HazelNut, in cui si riconosce a stento la HazelNut originale e che a causa del palato asfaltato dai mostri di sopra ci risulta alquanto indecifrabile. Il gran finale è stato invece riservato alla straordinaria
Chocolate Stout, un miracolo di equilibrio, vero e proprio capolavoro. L'aroma è sbalorditivo, sembra di annusare una barretta di cioccolato fondente artigianale. In bocca è dolciastra solo all'attacco, cioccolatosa, quindi evolve in un fantastico finale in cui l'amaro del cioccolato si sposa alla perfezione con il luppolo. Si apprezza la genuinità della materia prima, che rende uniche le birre di Rogue. Non poteva esserci un finale migliore.
09/01/2011 LM
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