5th (hopped) Birthday @ Brasserie 4:20

lunedì 23 aprile 2012
Hop-Bomb Festival @ Brasserie 4:20

Cari amici, lo scorso 20 aprile la Brasserie 4:20 ha festeggiato i suoi primi cinque anni di gloriosa attività. Quest'anno si è deciso di allestire per l'occasione un vero e proprio Festival dedicato alle birre luppolate. Una vera e propria orgia di luppoli, di quelle destinate ad essere ricordate a lungo. 20 spine più un cask per la gioia degli amanti (e a Roma di questi tempi non sono pochi) delle birre amare. Il Festival si è protratto in realtà dal 19 al 21 aprile, lungo ben tre giorni, con il consueto brunch del sabato. Ma nonostante l'apertura prolungata, gli sforzi e la buona volontà degli assetati avventori, qualche fusto ha stoicamnete resistito all'assalto. Quindi se vi siete persi il Festival e volete assaggiare qualche birra (la lista la trovate qui), potrete assaggiarla al piano di sotto a partire da questa settimana. Noi siamo andati venerdi 20 e sabato 21 e abbiamo trovato veramente tanta gente, tant'è che la terrazza si è riempita subito fin dalle prime ore e a fine serata si faticava quasi a passare. Vediamo com'è andata.

Hop-Bomb Festival @ Brasserie 4:20
La serata comincia al piano di sotto, con le birre di Maxlrainer arrivate fresche fresche dalla Germania proprio il giorno prima. L'ideale per un piccolo aperitivo prima di tuffarmi nell'"orgia di luppolo" su in terrazza. La Zwickl Max è meravigliosa nella sua morbidezza, con sentori di pane (lieviti), miele (orzo) e latte. Degustandola lentamente ci si può scorgere dentro di tutto. Risulta forse un filo troppo carbonata. La Leo Weisse è una classica hefeweizen bella torbida e rustica, ma molto gradevole da bere. I lieviti utilizzati le conferiscono una speziatura davvero importante, con netti sentori di banana, mentre note di limone la rendono lievemente acidula. La Jubilator è una doppelbock dalla buona gradazione alcolica (7.5%), qui in versione rigorosamente non filtrata, dolce, caramellata, con note di pane, noci e frutta rossa.

La taplist del Festival
Ci spostiamo in terrazza, dove sono già pronti alle spine Alessandra e Valerio. Apriamo le danze con una American Dream di Mikkeller, imperial pilsner estremamente luppolata (forse anche troppo), realizzata con generosissimo utilizzo di luppoli americani. Di carattere ne ha da vendere, ma non ha nulla della facilità di beva di una lager e risulta anche piuttosto sgraziata. La sensazione è che iniziando subito così le papille se ne andranno in malora molto presto. E' la volta della Green Easter, sempre di Mikkeller, IPA che ricorda la Green Gold, anche questa luppola senza pietà, resinosa, agrumata, con un amaro molto persistente, meglio bilanciata rispetto all'American Dream, anche se forse non altrettanto in forma. In particolare, ho un vivo ricordo della Green Gold bevuta proprio al 4:20 un anno fa, ed era nettamente migliore.

Valerio all'opera
Saliamo di gradazione alcolica con la I beat yoU, ancora di Mikkeller, Double IPA brassata da BrewDog. Purtroppo non era in gran forma, tanto che al naso spiccava un fastidioso aroma di carne cruda e pelle, segno di infezione e forse luppolo cattivo, ed è finita prematuramente nel secchio. Decisamente meglio la #500 di Nøgne Ø, Double IPA con deciso apporto di malto, un bel mix di caramello e luppolo, ottimamente bilanciata. Chi preferisce Double IPA più secche forse storcerà il naso, ma nel suo genere resta una signora birra. E' la volta della Jackie Brown, ancora di Mikkeller, curiosa Brown Ale abbastanza fuori stile, caratterizzata da una maltatura piuttosto blanda e da un utilizzo di luppoli smodato. Ne viene fuori una birra estremamente amara, secca, con piccole note di tostato, caratterizzata da un corpo abbastanza leggero e watery. A mio avviso necessiterebbe di un corpo maggiore e di una dolcezza un po' più accentuata per poter bilanciare la vagonata di luppolo utilizzata. Il finale è riservato alla Warrior Lambik di Revelation Cat, lambic (di Boon o Girardin, non ricordo), caratterizzato da un dry hopping con luppolo warrior. Il risultato è abbastanza spiazzante in un primo momento, ma pian piano si riescono a cogliere e ad apprezzare tutte le sfumature di questa curiosissima birra. Nonostante il dry hopping il luppolo emerge stranamente poco aggressivo al naso, senza nascondere del tutto le note acide del lambic, e questo è senz'altro un bene.

Russian River Pliny the Elder
Per chiudere in bellezza la serata ci spostiamo al piano di sotto e apriamo una Russian River Pliny the Elder arrivata fresca fresca dall'America (grazie Tim!), insieme ai magnifici After Eight homemade creati dalla pasticcera per l'occasione. La Pliny si presenta dorata intensa, viva, limpidissima, con un bel cappello di schiuma bianca molto persistente. Al naso un intenso aroma agrumato-floreale, con note pinose e resinose e malto ben percepibile. In bocca è perfettamente bilanciata nelle sue componenti, malto e luppolo si sposano alla perfezione, senza prevaricarsi l'un l'altro. Il caramello c'è, ma non è eccessivo, il corpo è medio e l'alcol si sente appena, la facilità di beva è estrema considerando che stiamo parlando di una DIPA da 8%. La Pliny scorre giù senza fuochi d'artificio ma mostrando un equilibrio perfetto. Chapeau.

23/04/2012 LM

0 commenti:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

Sono passati di qui